narrato
"pensato"
parlato proprio
parlato di altri
La vita a Suna era movimentata, troppo per i gusti di Anyo. Il giovane infatti amava i momenti di tranquillità che riusciva a passare da solo nella casa della zia o fuori quando usciva e si dirigeva nel parco sotto gli alberi a leggere o guardare il cielo. Una di quelle mattine, mentre il ragazzo stava leggendo sdraiato in camera sua sul letto sfatto, la zia lo chiamò in cucina:
Anyo vieni, dammi una mano per favore“con quella sua voce gentile la zia riesce sempre a farsi dire di si, da chiunque” pensava lui, e in parte era vero, ma il vero motivo per cui tutti la rispettavano era che una volta era anche lei una shinobi di Suna, ed era anche abbastanza importante, aveva raggiunto il grado di jonin e i suoi vecchi studenti, ormai trentenni e jonin a loro volta, venivano spesso a farle visita e, osservando bene Anyo, alcuni gli dicevano che avrebbe potuto intraprendere la carriera ninja poiché intravedevano in lui delle potenzialità. Fu così che quando la zia lo chiamò e gli chiese di sedersi sul divano di casa accanto a lei, tirò fuori una lettera e la aprì leggendone il contenuto che diceva:
< Anyo kiroshi, presa visione della richiesta di entrare a far parte degli studenti dell’accademia ninja, accordiamo il permesso di parteciparvi, la prima lezione si svolgerà il lunedì successivo al giorno in cui riceverà questa lettera.>
Il giovane non credeva alle sue orecchie, principalmente perché non sapeva di aver mandato una richiesta di iscrizione all’accademia, ma la zia lo aveva fatto per lui.
Zia ma cosa vuol dire quella lettera?Semplicemente che sei stato ammesso all’accademia ninja di Suna. È un grande onore sai, essere shinobi di Suna è un impegno per la vita, ma è anche un onore servire un così grande e importante villaggio.Se lo dici tu...In effetti Anyo non era mai vissuto a Suna prima dell’anno precedente, ma da quando era arrivato li si sentiva a casa, come se fosse stato separato da qualcosa di suo per tanto tempo che alla fine aveva ritrovato. Piano piano, come se il tempo stesse viaggiando più lentamente, nella mente di Anyo passarono molte sensazioni diverse: prima si sentiva spaesato, poi confuso, quindi la confusione lasciò il posto ad una felicità che il ragazzo faceva fatica a contenere, anche se non capiva il perché, infine sentì salire nei confronti della zia un'immensa gratitudine.
Nei giorni che seguirono l’arrivo della lettera Anyo si ritrovò ad abbandonare i libri che era solito leggere e a prendere quelli della zia che parlavano di chakra, tecniche, elementi, strategie e combattimento, tutte cose che non erano quasi mai entrate nella vita del giovane ragazzo vissuto fuori dal villaggio per sedici anni, ma che adesso sarebbero diventate il suo pane quotidiano; la sua vita da ninja poteva cominciare, dipendeva tutto da lui.
I giorni si susseguivano interminabili contro la volontà del futuro studente dell’accademia, che avrebbe voluto vedere il lunedì avvicinarsi a velocità doppia per l’eccitazione, ma questo non accadde e le notti e i giorni passati a leggere i libri della zia si facevano sentire. Arrivati alla domenica prima dell’esordio in accademia Anyo non era riuscito a dormire per due notti di fila e si sentiva stremato, infatti quel giorno non riuscì a fare niente di niente; né leggere né passeggiare né altro.
Arrivata la notte, il ragazzo si costrinse ad andare a dormire e lo fece, lo fece anche troppo, infatti la mattina del primo giorno di lezione si svegliò che era già l’ora di andare al campo; per dire la verità fu svegliato dalla zia che, preoccupata per il suo ritardo non gli permise di esitare un secondo e lo sollevò letteralmente dal letto buttandolo a terra costringendolo ad alzarsi e far presto per partire. Con tutta la fretta del mondo Anyo corse verso il campo d’addestramento di cui sapeva l’ubicazione perché durante le interminabili giornate, non sapendo che fare, era andato in cerca di quel campo, pensando che così non sarebbe arrivato in ritardo. E invece in ritardo c’era arrivato comunque, perché quando, col fiatone, arrivò finalmente al campo d’addestramento, vide che alcuni ragazzi affaticati erano davanti a quello che doveva essere il sensei, mentre altri stavano lanciando dei kunai contro dei fantocci.
Prima di arrivare a parlare con il sensei, il ragazzo si fermò, piegandosi in due per riprendere fiato, asciugandosi la fronte con la mano destra e piegando le ginocchia, quando ebbe assunto un atteggiamento normale e distaccato come al solito, si presentò nell’area erbosa e, con voce tranquilla, ma dimostrando comunque costernazione per il ritardo, piegò leggermente la schiena ed abbassò lo sguardo di fronte al sensei dicendo:
perdoni il ritardo sensei, sono molto dispiaciuto, mi chiamo Anyo Kiroshi e sono un nuovo iscritto all’accademia ninja di Suna.
Il sensei lo squadrò da capo a piedi con uno sguardo severo, non doveva essere contento del ritardo, a guardarlo sembrava veramente un tipo severo, dopo alcuni istanti parlò elencandogli le consegne; avrebbe dovuto presentarsi e dire il perché della sua iscrizione, quindi fare quindici giri di campo e lanciare tre kunai contro uno dei bersagli; fatto questo doveva ripresentarsi dal sensei e elencare le diverse nature elementari del chakra.
Mi chiamo Anyo Kiroshi, sensei, sono qui per imparare a cavarmela da solo in ogni situazione, voglio imparare a sopravvivere, a combattere e capire fin dove posso arrivare, scoprire i miei limiti.Detto questo, il giovane si concentrò sulle prossime attività. Prima la corsa, che non avrebbe dovuto recargli tanti problemi se non fosse stato per quella precedentemente fatta per arrivare al campo, ma la colpa era soltanto sua e non poteva far altro che obbedire alle disposizioni del sensei, quindi, ripensando al lungo viaggio nel deserto per arrivare al villaggio iniziò una corsa. L’andatura era abbastanza sostenuta, ma sotto il limite che lo avrebbe costretto a rallentare a metà del percorso, provando così a mantenerla per tutta la durata della prova: anche quando si corre bisogna ragionare e non lasciarsi andare all’istinto.
Il campo si era dimostrato più grande di quello che aveva pensato, e fu grato a sé stesso per non aver forzato da subito l’andatura, non avrebbe infatti resistito per più di cinque giri se avesse accelerato molto vista la sua corsa mattutina e le dimensioni del percorso. Arrivato a dieci giri infatti la stanchezza si ripropose sotto forma di acido lattico, di dolori alle gambe e fiatone, ma il ragazzo era deciso a non mollare, quindi iniziò a respirare con la bocca cercando di inspirare più ossigeno possibile e rallentare la respirazione, cercando sempre di non mostrare il minimo segno di fatica, anche se ad ogni passo, mantenere l’espressione impassibile del viso ed i movimenti del corpo coordinati era sempre più difficile.
Era in corso l’ultimo dei giri da percorrere quando il ragazzo non riuscì più a contenersi, e una smorfia di dolore apparve sul suo viso, con le vene del collo che si gonfiavano per lo sforzo e per ossigenare il più possibile le cellule del corpo del ragazzo che, costretto dal dolore, rallentò l’andatura e finì il suo ultimo sofferto giro di campo.
Era esausto, ma questo non voleva dire che fosse finita, i suoi compiti dovevano ancora essere completati del tutto; prima veniva il lancio, quindi la risposta alla domanda del sensei.
Prese da un tavolo posto al centro dell’arena tre kunai e si dispose di fronte a uno dei fantocci, ad una distanza segnata sul terreno, quindi prese tempo, provò a rallentare il respiro per cercare di non far tremare la vista e gli arti. Dopo pochi secondi lanciò il primo kunai che andò a sfiorare l’ascella del manichino. Il tiro non era soddisfacente per Anyo che stavolta prese più tempo per la mira e il controllo del respiro, ma visto che non riusciva a stabilizzarsi, si bloccò trattenendo il fiato ed espellendolo tutto in una volta al momento del lancio, che stavolta andò a buon fine colpendo in pieno il petto del manichino. Per il terzo lancio, l’aspirante shinobi utilizzò la stessa tecnica del precedente, ma la stanchezza ebbe il sopravvento e l’arma, invece di infilzare la testa del manichino, si piantò nell’incavo fra la spalla e il petto, poco sopra l’ascella.
Il ragazzo non era particolarmente soddisfatto di sé, ma dette la colpa alla stanchezza cumulativa della mattina, ma si consolò perché adesso quello che doveva fare era rispondere alla domanda del sensei, non aveva, per ora, altri compiti faticosi per il fisico; rispondere alla domanda tuttavia non risultò semplice al ragazzo, non per l’entità della domanda in sé, ma per via della fatica che gli rendeva difficile pensare.
Dirigendosi verso il sensei, Anyo pensò a tutto quello che aveva letto sui libri della zia, ricordava il chacra, ricordava che aveva delle forme elementali, e piano piano la risposta prese corpo. Quando fu davanti al sensei dichiarò con voce chiara e ferma:
il chakra, oltre alla sua normale forma neutra, ha cinque forme elementali: fuoco, vento, fulmine, terra, acqua; questi elementi sono in rapporto ciclico tra di loro, ciò significa che ogni elemento è forte contro quello che viene dopo, ma è debole contro il precedente, ad esempio il fuoco è forte contro il vento, mentre è debole contro l’acqua. Esistono inoltre alcuni elementi creati tramite la combinazione di due dei precedenti, è il caso del ghiaccio e del legno. Questi elementi combinati però possono essere creati solo tramite delle innate, poiché nessun altro riesce a mescolare due elementi diversi per dare vita ad uno nuovo.Formulata la frase, il ragazzo attese impaziente la reazione del sensei senza darlo a vedere, intanto guardava i suoi compagni di corso, che sembravano essere stanchi quanto lui, ma altrettanto determinati.