Parlato
§pensato§
parlato da altri
È assurdo come il tempo sembri rallentare, quando speri che corra più veloce e ti porti lì dove desideri. Quella notte pareva non finire mai e nonostante mi sforzassi di restar calma, l’attesa logorava lentamente la mia mente conducendomi ad un stato di odiosa insofferenza.
Fissavo il villaggio ancora assopito in un sonno tranquillo, seduta sul davanzale della finestra con le gambe penzoloni e pensavo alla settimana appena trascorsa e al giorno che stava per iniziare.
Stringevo tra le mani quello che a prima vista poteva sembrare un insignificante pezzo di carta ma che in verità segnava l’inizio della mia nuova vita.
Sette giorni prima, Ryo era entrato nella mia stanza, silenziosamente, come soleva fare per non svegliarmi e aveva posato una banale busta da lettere sul mio comodino per poi uscire senza proferir parola. Al mio risveglio la lettera aveva subito catturato la mia attenzione ma per una serie di interminabili istanti non avevo trovato il coraggio di leggerne il contenuto, giungendo addirittura a pensare di aspettare il ritorno di Ryo perché fosse lui ad aprirla al mio posto. Poi abbandonando ogni indecisione avevo rotto il sigillo della busta e letto frettolosamente il contenuto, trattenendo il respiro, quasi ad attendere il rivelarsi di chissà quale verità sconcertante.
Incredula e al contempo mossa da un sottile timore avevo ripiegato il foglietto più volte e lo avevo infilato tra le pieghe del kimono. Il mio cuore aveva preso a battere a mille e la mia mente era stata subito invasa da mille dubbi e dai tanti ricordi che quella comunicazione richiamava alla mente.
Mi ero lasciata scivolare sulla poltroncina nell’angolo col respiro mozzato, fissando la foto dei miei genitori poggiata sul tavolino all’altro capo della stanza.
§ Mamma… papà…quanto vorrei avervi qui con me ora...§Una triste lacrima era scesa lungo la mia guancia e con essa tante altre erano confluite in un pianto silenzioso.
Non feci parola con Ryo della comunicazione di inizio corso perché di certo lui già sapeva e parlarne sarebbe stato parecchio doloroso.
Avevo trascorso la settimana studiando i libri sulle arti ninja di papà e sfogliando, per quanto mi sembrassero incomprensibili, i libri sulle abilità mediche della mamma. Il tenermi affaccendata serviva sopratutto per smorzare il peso di quell’attesa e tenere la mente occupata.
Ora il giorno tanto atteso era arrivato e tutto mi pareva così irreale da minare la mia determinazione con subdoli dubbi.
Dovevano essere circa le cinque del mattino quando la fusuma della mia stanza si dischiuse con un fruscio timido e impercettibile. Voltai il busto e il capo. Ryo era sulla soglia e mi fissava con aria assorta. Indossava ancora il pigiama e i capelli chiari gli incorniciavano il volto in maniera disordinata. Si chiuse la porta alle spalle e attraversò la stanza senza aprir bocca per poi scavalcare il davanzale e sedersi al mio fianco. Fissò per lunghi istanti il vuoto dinanzi a se e un silenzio gravoso risucchiò la stanza, testimoniando ancora una volta la nostra difficoltà nel comunicare.
-Sembra che nessuno dei due stanotte riesca a chiudere occhio…-disse accompagnando le sue parole con una risatina ironica.
Già.. risposi con voce atona.
-Sei nervosa?-Sì. Era sempre stato troppo difficile per entrambi parlare di quello che sentivamo, del dolore, delle nostre paure, della sofferenza che in maniera diversa avevamo affrontato dopo la scomparsa dei nostri genitori.
Il rimanere orfani in età così tenera e l’aver dovuto affrontare difficoltà indubbiamente troppo grandi ci aveva temprati nel corpo e nello spirito e al contempo ci aveva uniti indissolubilmente. Tuttavia troppe erano state la lacrime, troppa la sofferenza e inevitabilmente entrambi avevamo smesso di piangere e soprattutto di condividere tutto questo l’uno con l’altra preferendo nascondere i nostri sentimenti.
Ed anche in quell’occasione non eravamo capaci di dirci nulla. Sapevo che per lui era difficile accettare il fatto ch’io stessi per intraprendere la carriera ninja ma che al contempo la sua ragione lo inducesse a pensare che sarei diventata un abile shinobi, fedele al nostro villaggio. E perciò preda anche lui dei dubbi, preferiva rifugiarsi nel silenzio.
Inaspettatamente però dopo alcuni istanti passò un braccio dietro la mia spalla e mi strinse un poco senza aggiungere niente. Quel gesto valse più di qualsiasi altra parola a tranquillizzarmi e a rianimare la fiducia in me stessa.
L’alba giunse rapida e il sole svegliò il villaggio con l’intensità dei suoi raggi luminosi. Fissai l’orizzonte che si andava tingendo delle varie tonalità del rosso e dell’arancio e con rinnovato buon umore rientrai in camera pronta per affrontare quel nuovo giorno .Sorrisi a mio fratello che nel frattempo era uscito nel corridoio ed ei mi sorrise a sua volta dicendo:
-Buona fortuna sorellina..-Mi vestii in fretta prendendo con me tutto l’occorrente e senza attendere oltre scesi in strada passando per la finestra. Suna era già in fermento, il tempo era splendido e la gente già affaccendata in innumerevoli mansioni. Camminai a passo svelto, sorridendo di quando in quando a qualche passante e raggiunsi per l’ora prestabilita il campo d’addestramento n- 6 nei pressi dell’accademia.
Poco distante dall’entrata notai due individui sostare sotto un albero centrale. Mi avvicinai scrutandoli con aria incuriosita abbastanza per sentire le parole di uno dei due:
“Piacere sensei io sono Sabazu no Gaara,discendente del Clan del controllo della sabbia,oggi sarò un suo allievo,ancora,molto piacere”Potei subito dedurre che l’altro era il sensei Deidara,colui che avrebbe presieduto il corso. Così passando di fianco all’altro tipo, che invece doveva essere anche lui un esaminando, mi presentai con un rapido inchino:
Buon giorno sensei, lieta di conoscervi. Il mio nome è Mamya Iga, anch’io partecipo al corso.Detto ciò mi feci da parte nell’attesa di cominciare.
Edited by lovelypatty - 18/1/2009, 16:16