Destinys' Cross

~In the End.

L’ente creazione di divina mente comunicava, mentre l’origine si sistemava al meglio, rinfoderando le armi e preparando la sua mossa finale. Si spostò di circa tre metri sulla sua destra, per ottenere una visione più frontale. Se qualcuno fosse rimasto cosciente, si sarebbe mosso in fretta per tornare al villaggio.
Boom.
Ecco la fatidica esplosione, così attesa e desiderata. Un genin, il suo caro vecchio amico, giaceva a terra, faccia in giù. Non sembrava muoversi: o era morto, o era svenuto. L’altro ogni tanto dava segni di una qualche vitalità. Dopo poco si alzò, titubante e verosimilmente frastornato. Per un attimo il Chunin perse di vista il luogo dell’esplosione, per osservar bene le condizioni climatiche. Quel ritorno sulla grande scena ninja non poteva essere accompagnato da tempo migliore: il sole stava per raggiungere lo Zenit, un’ora circa separava quei momenti dal momento di massimo calore. E il calore, si sa, va a braccetto col fuoco. Il ricordo straziante del fratello che bruciava, incandescente più per l’amore che per la combustione, comparve sotto forma di volto cinereo ed informe. Una terribile vendetta stava per prendere atto. La perfezione della sua vita familiare era stata rotta da un tragico “incidente” a cui nessuno aveva mai creduto. I membri più importanti e potenti del clan guardavano con timore i resti della casa, lasciata come monumento alla dannazione eterna toccata all’amorevole fratello.
Il guardo si posò nuovamente sul claudicante ferito, che a circa sei metri dalla sua attuale posizione, dietro ad un albero, entrava, disattivando la nobile arte oculare, nella corona circolare. Quando fu a circa 8 metri di distanza in linea d’aria, fece un salto all’indietro di 1 metro, componendo i sigilli per un famoso Katon di Konoha: la pioggia di fuoco. Mirò agli alberi, i più lontani possibile, in modo da evitare ritorni di fiamma troppo violenti. Un incendio divampò nella foresta, favorito dalla temperatura non proprio rigida.
In un lampo di malvagità, radicata certamente nel DNA della sua famiglia, aveva deciso di far soffrire all’avversario pene d’inferno. Il sommo Satana aveva voltato la situazione a vantaggio della follia ed il Lungisaettante era pronto ad agire. Le scelte dell’avversario erano fondamentalmente tre: morire (o, alternativamente, rimanere gravemente ferito), fuggire e perdere a tavolino, senza avere nemmeno il coraggio di dare un ultimo, degno saluto all’avversario ignoto, proteggersi con una tecnica Suiton e venire colpito, immediatamente dopo, dal raggio elettrico che il Chunin avrebbe lanciato per ripicca. C’era un’ultima ipotesi, possibile solo tramite una conoscenza cognitiva e non sensibile: un supereroe lo avrebbe protetto. In tal caso voleva dire che c’era potenza maggiore del suo Anticristo sommo protettor, generatore e non creatore di fiamme e morte e distruzione. In ogni caso, lo scontro si era rivelato noioso e sufficientemente semplice. Probabilmente era dovuto a fattori esterni che trascendevano il suo ego. Ma a lui che poteva importare? Sarebbe uscito al 99% vincitore, sconfiggendo due avversari giovani e pimpanti in due mosse intelligenti e pensate nell’ombra. Era, certo, affaticato per il molto chakra usato, ma lo avrebbe recuperato riposandosi. Peccato per quei poveri e tristi alberi, che si sarebbero sacrificati per un fine superiore. E’ la legge del determinismo, tutto avviene per una determinata causa, che provoca un effetto. Eppure, ciò non escludeva un fine che creava un doppio legame Causa Effetto, Effetto Fine.
La corona ormai bruciava completamente, ma le fiamme si stavano per pacare, a causa di una brutta nube che, a non più di 15 kilometri, portava luce e pioggia purificatrice. E quasi tutto sarebbe tornato come prima. Si mise a gambe conserte, al centro della radura, senza mai dare le spalle all’avversario, meditando su quelli che la mente assimila con presente, passato e futuro. E gli occhi rossi di sangue, follia e DNA, tornarono del normale colore scuro.